Credenze popolari di casa nostra… Un folletto chiamato “laùru”
Le favole e le leggende scaturite dalla fantasia popolare, profondamente radicate nell’immaginario collettivo, spesso soltanto ingenue fantasie e, in alcuni casi, immagine speculare di un’epoca o di una realtà, possono costituire un valido strumento di lettura della realtà che ci circonda. Un patrimonio prezioso che, al pari della memoria storica, rappresenta l’identità e il cammino di un popolo. Tra le credenze popolari di casa nostra troviamo una figura leggendaria “lu Laùru” folletto che vivrebbe nelle case delle contrade pugliesi e, in particolar modo, nell’arco del territorio ionico salentino. Se volessimo avanzare una ipotesi circa l’origine di questa credenza potremmo forse fare riferimento ai “Lares familiares”, divinità del focolare domestico dell’antica Roma che vegliavano sulle fortune della casa. Spesso gli vengono attribuiti comportamenti e sembianze che non gli sono propri e accade che culture diverse confluiscano in una figura unica che compendia caratteristiche differenti. Facendo confusione col monaciello napoletano si racconta, così, che il laùru abbia un copricapo rosso senza il quale perderebbe i suoi magici poteri e che, pur di riaverlo, sia disposto a dare in cambio delle monete d’oro oppure, confondendolo con i folletti della notte, che sieda sul petto dei dormienti premendo con tutte le sue forze, fino a provocare crisi di soffocamento ( da qui il termine incubo che significa incubare o stare sopra). Dal Devon è presa in prestito la credenza che il Laùru sia l’anima di un bambino non battezzato, mentre dal folletto di tradizione europea gli viene attribuita l’abitudine capricciosa di intrecciare le code ai cavalli. Da uno studio condotto dal prof. Giuseppe Anniballo, il Laùru di casa nostra, alto circa 30 cm, avrebbe invece un aspetto molto elegante, occhi brillanti e spiritati e capelli ricci e neri (una sorta di Saracino in miniatura dunque, come quello della omonima canzone napoletana). Vispo e servizievole si crede appaia sempre in prossimità di caminetti e fornaci. Anche questo al pari dei suoi colleghi sopracitati, se offeso ingiustamente, potrebbe diventare un folletto molto dispettoso poiché, durante la notte, nasconde gli oggetti o mette disordine in casa (quasi in una sorta di odierno poltergeist) e, nell’eventualità che, esasperati, si decida di cambiar casa… beh! Non si crea problemi e spesso trasloca anche lui!
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LA PIZZICA: è la danza dei Tarantolati, individui (soprattutto di sesso femminile) che, in seguito al morso della tarantola o falangio di Puglia, il cui veleno svilupperebbe una particolare nevropatia, venivano presi da una sorta di possessione rituale (còrea convulsiva o ballo di San Vito) quasi dionisiaca, da baccanale, che li prostrava in uno stato di depressione e di inerzia da cui si destavano al suono di una musica indiavolata al ritmo dei tamburelli mimando, dimentichi di ogni cosa, la danza della taranta e identificandosi con essa secondo un ciclo coreutico-musicale ben definito, per liberarsi dal veleno inoculato dalla stessa. Questo fenomeno, presente nei secoli scorsi quasi esclusivamente in area ionico salentina, risulta essere oggi pressochè scomparso, benchè continui ad essere presente nei racconti degli anziani, depositari di un sapere storico che diversi gruppi culturali, cogliendone l’aspetto magico-folkloristico, ripropongono in varie forme teatrali o musicali.